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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia - Flash / Concentrazioni e soglie di notifica – L’AGCM aggiorna le soglie di fatturato raggiunte le quali è obbligatorio notificare una concentrazione

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha deliberato che, a decorrere dal 23 marzo 2020, le soglie di fatturato cumulative oltre le quali diviene obbligatoria la comunicazione preventiva delle operazioni di concentrazione sono pari a (i) 504 milioni di euro per il fatturato totale realizzato in Italia dall’insieme delle imprese interessate all’operazione e (ii) 31 milioni di euro per il fatturato totale realizzato individualmente in Italia da almeno due delle imprese interessate.

L’aggiornamento delle soglie di fatturato viene effettuato annualmente per riflettere l’aumento dell’indice del deflatore dei prezzi del prodotto interno lordo. L’ultimo precedente aggiornamento risale al 25 marzo 2019, quando l’AGCM aveva deliberato l’aumento delle soglie a 498 milioni di euro per il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese interessate all’operazione e a 30 milioni di euro per il fatturato totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate.

Riccardo Fadiga
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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali ingannevoli e piattaforme di prenotazione online – L’AGCM ha reso obbligatori gli impegni presentati da Booking

In data 17 marzo 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha reso obbligatori gli impegni presentati dalle società Booking.com B.V., Booking.com International B.V. e Booking.com (Italia) S.r.l. (collettivamente, Booking) nell’ambito del procedimento istruttorio n. PS10769 (Procedimento).

Il Procedimento era stato avviato il 20 novembre 2018 e riguardava le modalità di presentazione, sulla versione italiana della piattaforma Booking.com (comprendente non solo il sito internet, ma anche la versione mobile e la relativa app) (Piattaforma) dei risultati della ricerca svolta dal consumatore. Più nello specifico, l’istruttoria condotta dall’AGCM aveva ad oggetto le condotte di Booking relative, in particolare, a: (i) i prezzi; (ii) il posizionamento dei risultati di ricerca; (iii) gli sconti; (iv) i claim di disponibilità delle camere e di popolarità delle destinazioni; (v) i costi legati alla pre-autorizzazione della spesa con carta di credito; e (vi) la gestione dei rapporti con i consumatori post-prenotazione.

All’inizio del 2019, la società capogruppo aveva offerto al Consumer Protection Cooperation Network (CPC Network, che raggruppa la autorità competenti in materia di tutela del consumatore all’interno dell’Unione europea) un insieme di impegni, proponendone l’applicazione nell’intero territorio dell’Unione. Tali impegni, poi accettati dal CPC Network, hanno interessato anche molti dei punti oggetto del Procedimento. Più specificamente, in data 12 febbraio 2019, Booking aveva presentato all’AGCM una proposta di impegni – che in parte ricalcava quelli già presentati al CPC Network – che, a seguito di varie integrazioni, è stata ritenuta idonea a far venire meno i possibili profili di illegittimità delle pratiche commerciali contestate nell’avvio dell’istruttoria (Impegni).

Gli Impegni possono essere riassunti come segue:

i. impegni relativi al prezzo – al fine di evitare che i consumatori incorrano in errore circa il prezzo del servizio, sulla Piattaforma sarà mostrato il “prezzo totale”, definito negli Impegni come “… il prezzo comprendente tutte le spese non evitabili (e.g. spese di pulizia, tasse di soggiorno e altre imposte) che […] il consumatore sarà obbligato a pagare al momento della prenotazione o direttamente presso l’alloggio …”. Con riguardo ai prezzi espressi in valuta estera (rispetto al Paese del consumatore), sarà indicato anche un valore stimato in valuta nazionale, specificando il tasso di cambio applicato), prima del completamento della prenotazione;

ii. impegni relativi alla trasparenza dell’impatto delle commissioni pagate dalle strutture ricettive sul posizionamento di queste ultime. In particolare, ai consumatori sarà fornita un’adeguata informativa circa il criterio utilizzato per ordinare i risultati della ricerca svolta, inclusa l’influenza di un’eventuale commissione pagata dalle strutture partner al fine di ottenere un posizionamento più favorevole;

iii. impegni relativi alla presentazione degli sconti – a tale proposito, sarà garantito che tali sconti saranno riferiti al prezzo che un consumatore avrebbe normalmente pagato per lo stesso alloggio nelle circostanze specificate nei criteri di ricerca del consumatore (destinazione, date, tipo di camera, ecc.), assicurando che il consumatore sia informato del prezzo preso a riferimento;

iv. impegni relativi ai claim di disponibilità e popolarità, che saranno chiari e accompagnati dalle informazioni necessarie circa i presupposti, le limitazioni e le circostanze sulla base delle quali vengono formulati. Ad esempio, se l’affermazione non si basa su dati in tempo reale, sarà reso noto il periodo di riferimento (es. “negli ultimi 10 minuti"), in modo chiaro e prominente;

v. impegni relativi ai costi impliciti della pre-autorizzazione per la carta di credito – per le prenotazioni che non prevedono il pagamento anticipato, saranno modificati i messaggi relativi ai “pagamenti in struttura”, aggiungendo la precisazione secondo cui la struttura, al fine di garantire la prenotazione, potrebbe temporaneamente bloccare una somma di denaro sulla carta di credito del consumatore prima dell’arrivo in struttura;

vi. impegni relativi alla gestione dei reclami e dell’overbooking –i consumatori saranno informati delle procedure esistenti in caso di overbooking e dei diritti spettanti ai consumatori stessi, nonché della modalità di trattazione dei reclami da parte di Booking e dei canali attraverso i quali tali reclami possono essere presentati.

Booking, inoltre, in linea con quanto offerto a livello di CPC Network , ha inserito un impegno riguardante l’esplicitazione della natura di privato o la veste di professionista del soggetto che offre l’alloggio.

Il Procedimento in commento conferma, laddove ve ne fosse bisogno, il significativo livello di attenzione dell’AGCM per le piattaforme online. Tale attenzione non si ferma al livello concorrenziale ma si spinge anche a quello consumeristico, ponendo un particolare accento sull’importanza di un’informativa chiara e trasparente.

Mila Crispino
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Pratiche commerciali scorrette e COVID-19 – L’AGCM avvia tre procedimenti a tutela del consumatore

Domenica 22 marzo 2020, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha comunicato l’avvio di tre distinti procedimenti istruttori e disposto l’adozione di provvedimenti cautelari nei confronti di DRT Drug Reposition Technology S.r.l. (DRT), Carlita shop S.r.l.s. (Carlita Shop), e GoFundMe Ireland Ltd (GoFundMe o la Piattaforma) al fine di verificare la possibile scorrettezza delle pratiche commerciali poste in essere da queste ultime.

Per ciò che riguarda il procedimento avviato nei confronti di DRT, l’AGCM ha rilevato che quest’ultima, tramite il sito web http://testcoronavirus.shop/it, diffondeva comunicazioni commerciali dirette a promuovere l’acquisto del prodotto denominato “Rapidtest COVID-19”. Quest’ultimo veniva pubblicizzato come prodotto medico diagnostico che permette di poter auto-diagnosticare l’eventuale contagio da COVID-19 (Coronavirus) in maniera rapida ed affidabile, in ambiente domestico, facendo leva, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, sulla situazione di particolare allarme sanitario e sulla presunta difficoltà di reperire i c.d. “tamponi” da parte delle strutture sanitarie pubbliche.

Dagli accertamenti preliminari effettuati dall’AGCM è emerso che le affermazioni pubblicitarie presenti sul sito di DRT, sarebbero prima facie idonee a indurre i consumatori in errore circa l’efficacia del prodotto, in quanto le informazioni fornite sull’utilità del test, sulla sua destinazione di uso e sul suo carattere sperimentale appaiono ambigue e confuse.

Inoltre, DRT ha omesso di fornire le informazioni precontrattuali riguardo i diritti spettanti ai consumatori nella conclusione dei contratti a distanza, con riferimento in particolare alla garanzia legale di conformità, all’assistenza post-vendita e all’esercizio del diritto di recesso.

In considerazione degli accertamenti svolti, l’AGCM ha ravvisato la necessità disporre in via cautelare la sospensione delle pratiche commerciali scorrette, e nello specifico, l’oscuramento del sito web e la sospensione delle attività di promozione e commercializzazione del prodotto. L’AGCM, nella fattispecie in esame, ha adottato provvedimenti cautelari simili a quelli adottati nei confronti di altri operatori (a tal proposito si veda la Newsletter del 23 marzo 2020).

In relazione a presupposti analoghi, l’AGCM ha avviato l’istruttoria nei confronti della società Carlita Shop, il cui amministratore unico ha diffuso via internet comunicazioni pubblicitarie finalizzate a promuovere alcuni prodotti detergenti e cosmetici contenenti olio Tea Tree australiano e olio di Manuka, nonché un “Integratore Antivirale Manuka”, utilizzando l’hashtag “#coronavirus” ed esaltando le (inesistenti) proprietà antivirali e di contrasto al Coronavirus di questi prodotti.

Ritenendo che le affermazioni pubblicitarie diffuse fossero tali da ingenerare nei consumatori l’erroneo convincimento circa l’idoneità di tali prodotti a prevenire e contrastare il virus, l’AGCM ha disposto in via cautelare l’eliminazione di ogni riferimento rispetto all’efficacia preventiva dei prodotti commercializzati e pubblicizzati.

Infine, nella medesima adunanza, l’AGCM ha comunicato l’avvio di istruttoria nei confronti di GoFundMe, che gestisce una delle maggiori piattaforme a livello mondiale di crowdfunding.

Più specificamente, la Piattaforma afferma di offrire un servizio di raccolta fondi gratuito. In proposito, l’AGCM ha constatato che, oltre ad esservi dei costi connessi alle transazioni effettuate con carte di credito e di debito, risulta essere preimpostata una percentuale del 10% in favore della Piattaforma su ogni donazione effettuata dai consumatori, senza che emerga in maniera sufficientemente chiara che si tratta di una commissione facoltativa. Anche in questo caso l’AGCM, ritenendo tali pratiche commerciali scorrette, ne ha disposto in via cautelare la sospensione.

Emerge nuovamente l’impegno dell’AGCM volto reprimere le condotte poste in essere dai professionisti a danno dei consumatori sfruttando l’emergenza sanitaria in atto. In particolare, l’AGCM sembra pienamente comprendere l’importanza di un intervento tempestivo, non esitando ad adottare provvedimenti cautelari addirittura in un giorno festivo. Con ogni probabilità seguiranno altri procedimenti, trattandosi evidentemente di un settore di intervento di assoluta priorità nell’agenda dell’AGCM.

Carla Maria Virone
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Legal News / Investimenti diretti esteri e COVID-19 – La Commissione europea raccomanda un approccio unitario per la protezione dei principali asset europei da investimenti stranieri

Lo scorso 25 marzo, la Commissione europea (la Commissione) – ribadendo quanto già in parte sostenuto nella Comunicazione del 13 marzo 2020 – ha adottato un’ulteriore Comunicazione (la Comunicazione) con cui ha raccomandato specifiche linee guida che gli Stati Membri dell’Unione europea dovrebbero seguire per assicurare un reale controllo sugli investimenti diretti esteri (IDE) e sul flusso di capitali al fine di assicurare una effettiva protezione degli interessi strategici dell’Unione europea (UE) anche in situazioni di crisi. La base normativa a cui la Comunicazione fa espresso riferimento è il Regolamento UE n. 452 del 19 marzo 2019 (il Regolamento), il quale trova applicazione in relazione a tutti gli investimenti – senza quindi alcun limite ‘di soglia’ – provenienti da Stati terzi “… che stabiliscono o mantengono legami durevoli e diretti tra investitori di paesi terzi, comprese le entità statali, e imprese che esercitano un'attività economica in uno Stato membro”.

Il motivo principale che ha spinto la Commissione ad intervenire in questo momento sul punto dev’essere individuata naturalmente nell’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di COVID-19, la quale sta avendo un impatto decisamente negativo sull’economia dell’UE. Ad avviso della Commissione, in conseguenza del grave shock economico che l’UE sta sperimentando in questo momento si è determinata una crescita del rischio che imprese attive in settori strategici per il benessere economico-sociale dell’UE – in primis quello sanitario – si trovino particolarmente esposte ad essere acquistate da investitori esteri, con conseguente rischio che tali imprese siano soggette all’influenza di Paesi al di fuori della UE. Per tale motivo, la Commissione ha voluto ribadire con decisione la fondamentale importanza di un efficace sistema di controllo sugli IDE, necessario al fine di evitare un grave pregiudizio per il sistema industriale dell’UE. Sul punto, la Commissione ha sottolineato con particolare enfasi la propria volontà di evitare che le principali risorse europee in ambito sanitario – quali ad esempio società attive nella produzione di attrezzature mediche o centri di ricerca impegnati inter alia nello sviluppo di vaccini – necessarie a garantire il soddisfacimento delle esigenze dei cittadini europei vengano acquisite da investitori stranieri senza un previo controllo effettuato dalle autorità nazionali competenti, le quali devono necessariamente analizzare a fondo i potenziali impatti che le eventuali operazioni di acquisizione delle suddette risorse potrebbero avere sulle economie nazionali ed europea.

A tal riguardo, la Commissione – richiamando il quadro normativo europeo, il quale garantisce la tutela degli interessi pubblici qualora questi siano minacciati da investimenti esteri – ha sottolineato come la responsabilità per il controllo sugli IDE risieda in primis in capo ai singoli Stati Membri, i quali devono necessariamente tenere conto di una serie di fattori, tra cui anche l’impatto dell’investimento de quo sull’UE nel suo insieme. A tal fine, con la presente Comunicazione la Commissione invita:

- i 14 Stati Membri che già dispongono di un sofisticato sistema di controllo, tra cui l’Italia, ad utilizzarlo in maniera efficace con uno spirito di solidarietà, in modo da garantire la protezione del benessere dell’UE; e

- gli Stati che ancora non dispongono di tali meccanismi (o le cui maglie risultano eccessivamente ‘larghe’) di dotarsi di un sistema più efficace e, nel frattempo, di utilizzare tutte le altre opzioni a loro concesse per assicurare un controllo pregnante sugli IDE. Sul punto la Commissione ha anche ricordato che se un investimento estero non risulta sottoposto ad un controllo nazionale, il Regolamento prevede che gli altri Stati Membri interessati nonché la Commissione stessa possono pronunciarsi sul tema entro 15 mesi dalla realizzazione dell’investimento, tramite l’adozione di un parere che, se negativo, può comportare anche l’adozione di misure d’attenuazione da parte del Paese interessato.

Oltre al necessario e primario ruolo degli Stati Membri, la Commissione ha voluto però sottolineare anche la necessità di un suo apporto attivo, il quale si sostanzia dell’adozione di raccomandazioni (e/o pareri) che devono essere presi in seria considerazione dallo Stato Membro interessato qualora l’investimento in questione possa avere ripercussioni su progetti o programmi d’interesse per l’intera UE. Un chiaro esempio, a tal riguardo, è rappresentato dagli IDE interessanti società europee che hanno beneficiato dei finanziamenti in tema di ricerca e innovazione previsti dal programma UE ‘Horizon 2020’.

In ultimo, la Commissione ha voluto ricordare agli Stati Membri le modalità tramite cui questi possono limitare, se non addirittura bloccare, certi investimenti esteri ‘pericolosi’:

- in primis, gli Stati Membri possono mantenere particolari diritti di partecipazione (le cc.dd. ‘golden shares’) in determinate imprese sensibili, i quali consentono a quest’ultimi di bloccare o comunque limitare gli investimenti in tali società; e

- in secondo luogo, in caso di ‘acquisizioni predatorie’ (predatory buying) di attività strategiche per l’UE da parte di investitori stranieri, gli Stati Membri possono bloccare il flusso di capitali derivante – la cui libera circolazione è garantita dall’articolo 63 del TFUE – applicando l’eccezione “di ordine pubblico o di pubblica sicurezza” espressamente prevista dall’articolo 65 TFUE. A tal proposito, la salute pubblica è stata riconosciuta dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea come un motivo imperativo di interesse generale.

La Comunicazione oggetto del presente commento arriva in un momento di particolare vulnerabilità per l’UE, la quale si vede quindi soggetta ad attenzioni ‘sgradite’ da parte di alcune amministrazioni nazionali straniere (si veda a tal proposito, il presunto tentativo – confermato dal governo federale tedesco – operato dal governo Trump di acquisire il ramo di ricerca della società teutonica CureVac, asseritamente diretto ad assicurare la produzione di un vaccino contro il COVID-19 ad esclusivo beneficio del popolo statunitense). Pertanto, onde evitare di vedere un depauperamento delle proprie risorse sensibili da parte di soggetti stranieri, la Commissione ha voluto adottare un approccio unitario al fine di creare una barriera protettiva a tutela del proprio sistema industriale. Non resta che attendere e vedere come questa ‘barriera’ si intersecherà con le ulteriori tutele che gli Stati Membri (in primis l’Italia) stanno pianificando di rendere operative allo scopo di proteggere il proprio tessuto industriale da acquisizioni ostili da parte di soggetti stranieri (non necessariamente extra-UE).

Luca Feltrin
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Applicazione del diritto della concorrenza e COVID-19 – Le Autorità a tutela della concorrenza prendono posizione sull’applicazione delle regole antitrust durante l’attuale periodo di crisi

In tutto il mondo, le autorità garanti della concorrenza stanno rilasciando dichiarazioni su come intendono applicare, e come adattare, l’applicazione delle regole antitrust alle eccezionali circostanze causate dalla epidemia di COVID-19. Ad esempio, lo European Competition Network (ECN), la rete che raccoglie la Commissione Europea e le Autorità garanti del diritto della concorrenza degli Stati Membri dell’UE, così come la Competition and Markets Authority (CMA), ovverosia l’Autorità della concorrenza del Regno Unito (ormai fuori dall’ECN a seguito del Brexit), e infine, congiuntamente, la Federal Trade Commission (FTC) e il Department of Justice (DOJ) degli Stati Uniti, hanno ciascuno rilasciato dichiarazioni in proposito.

L’ECN ha comunicato il 23 marzo 2020 che non interverrà per reprimere le misure di coordinamento tra le imprese quando tali misure siano temporanee e necessarie per evitare l’interruzione di una catena di approvvigionamento, richiamando il fine di cooperare per garantire la fornitura e l’equa distribuzione di prodotti scarsi a tutti i consumatori alla luce delle conseguenze sociali ed economiche scatenate dall'epidemia di CoViD-19 all’interno dell’Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo (UE/SEE). In particolare, l’ECN ha indicato che tali misure, alla luce delle circostanze attuali, è improbabile che costituiscano una restrizione della concorrenza ai sensi dell'articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), o comunque genererebbero efficienze tali da giustificare tali eventuali restrizioni. In aggiunta, l’ECN ha invitato le imprese che nutrano dubbi sulla compatibilità di tali iniziative di cooperazione con il diritto della concorrenza a rivolgersi direttamente alla Commissione, all'Autorità di vigilanza della European Free Trade Area (EFTA) o all'autorità nazionale garante della concorrenza interessate per ottenere un orientamento informale. Allo stesso tempo, l’ECN ha evidenziato la massima importanza di garantire che i prodotti considerati essenziali per proteggere la salute dei consumatori nella situazione attuale, quali per esempio maschere per il viso e gel igienizzante, restino disponibili a prezzi competitivi, e che, conseguentemente, non esiterà ad agire contro le società che traggono vantaggio dalla situazione attuale mediante la cartellizzazione o l’abuso di una posizione dominante. Da ultimo, l’ECN ha richiamato che il quadro normativo vigente non proibisce ai produttori di fissare prezzi massimi per i loro prodotti, incoraggiandone la valutazione per limitare un aumento ingiustificato dei prezzi al livello della distribuzione al dettaglio.

La CMA, solo alcuni giorni prima, il 19 marzo 2020, aveva a sua volta dichiarato di accogliere le indicazioni del Governo britannico di “rilassare” alcuni elementi del diritto della concorrenza per aiutare gli operatori della grande distribuzione a cooperare. In particolare, la CMA ha assicurato le imprese britanniche che non intende perseguire le condotte di cooperazione o il razionamento di prodotti necessario per la protezione del consumatore, per esempio per assicurare la sicurezza delle forniture. Nonostante questo, la CMA ha precisato che la repressione sarà particolarmente rigorosa nei confronti delle imprese che utilizzeranno l’attuale crisi come occasione per l’implementazione di collusione non essenziale, tra cui lo scambio di informazioni su strategie commerciali o di prezzo di lungo termine.

Oltreoceano, la dichiarazione congiunta di FTC e DOJ del 24 marzo 2020 incoraggia le imprese a intraprendere forme di collaborazione che non violino le norme antitrust. Per sostenere tale sforzo, le due agenzie, già normalmente deputate a valutare la legittimità in ottica antitrust dei progetti di cooperazione che vengono loro sottoposti, si sono impegnate a ridurre significativamente le tempistiche di tali consultazioni, ridotte a un minimo di soli sette giorni (laddove sono normalmente necessari diversi mesi).

Gli argomenti affrontanti dalle autorità di concorrenza attirano l’attenzione sulle sfide che si trova ad affrontare il diritto antitrust nel gestire alcune delle situazioni più critiche a cui i mercati possono essere sottoposti. In particolare, risulterà certamente impegnativo, e richiederà un approccio quantomeno innovativo, perseguire casi per excessive pricing (che pure sono percepiti come prioritari onde reprimere condotte che la generalità dei cittadini considera particolarmente riprovevoli). Allo stesso modo si renderà necessario espletare il difficile compito di distinguere tra comportamenti adottati per la tutela del consumatore o della sicurezza di approvvigionamento, e comportamenti abusivi e/o collusivi, tracciando una linea di non facile individuazione. Saranno da tenere sotto stretta osservazione le attività delle autorità della concorrenza nelle prossime settimane, che potrebbero avere significative ripercussioni sull’applicazione del diritto antitrust anche a crisi terminata.

Riccardo Fadiga
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Fatturazione a 28 giorni e mancati rimborsi – L’AGCOM sanziona TIM, Vodafone, Fastweb e Wind Tre per non aver concesso rimborsi automatici

Il 25 marzo scorso, sono state pubblicate le delibere con cui l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha sanzionato TIM S.p.A. (TIM), Wind Tre S.p.A. (Wind Tre), Vodafone S.p.A. (Vodafone) e Fastweb S.p.A. (Fastweb) (congiuntamente, gli Operatori), per un ammontare complessivo di 9 milioni di euro, per non aver ottemperato alle diffide impartite aventi ad oggetto la restituzione ai clienti dei giorni erosi dal ciclo di fatturazione a 28 giorni.

La vicenda è sorta nel 2015 quando gli Operatori hanno modificato il periodo di rinnovo delle offerte di telefonia fissa e mobile portandolo da 30 a 28 giorni, senza prevedere una riduzione del canone. Tale rimodulazione è stata oggetto di una crescente attenzione da parte delle associazioni dei consumatori, le quali ritenevano che la pratica fosse finalizzata esclusivamente a mascherare un aumento dei prezzi delle tariffe telefoniche. Senza dilungarsi sulle parallele iniziative adottate dall’Autorità Garante della Concorrenza e dal Mercato (AGCM), basti qui ricordare che l’AGCOM è intervenuta, nel marzo del 2017, con la Delibera 121/17/CONS stabilendo che l’unità temporale per la cadenza di rinnovo dei contratti di rete fissa dovesse essere il mese. Gli Operatori, tuttavia, non hanno modificato le tempistiche dei rinnovi e si sono adeguati soltanto successivamente all’intervento del Governo, il quale con il D.L. 148 del 16 ottobre 2017 ha introdotto l’obbligo di prevedere una cadenza con rinnovo delle offerte e della fatturazione dei servizi (sia essi di rete fissa che mobile) su base mensile.

Il 26 settembre 2017, l’AGCOM ha avviato distinti procedimenti sanzionatori nei confronti degli Operatori in ragione del mancato rispetto degli obblighi introdotti dalla Delibera 121/17/CONS; in data 23 giugno 2017, infatti, erano scaduti i termini concessi agli Operatori per adeguarsi al nuovo quadro regolatorio. I procedimenti si sono conclusi con diversi provvedimenti con i quali, inter alia, si diffidavano gli Operatori a “… far venir meno in sede di ripristino del ciclo di fatturazione con cadenza mensile o di multipli del mese gli effetti dell’illegittima anticipazione della decorrenza delle fatture emesse successivamente alla data del 23 giugno 2017 [..] mediante la posticipazione delle fatture per un numero di giorni pari a quelli erosi in violazione della delibera n. 121/17/CONS, in modo da non gravare gli utenti dei costi derivanti dalla abbreviazione del ciclo di fatturazione …”. L’AGCOM, con la successiva delibera n. 269/18/CONS, ha differito il termine per l’adempimento dell’obbligazione restitutoria al 31 dicembre 2018, prevedendo espressamente “… la possibilità per gli operatori di proporre ai singoli interessati soluzioni di compensazione alternative, satisfattive del diritto di ristoro degli utenti, dandone idonea comunicazione a quest’Autorità …”.

Gli Operatori hanno pertanto ritenuto di adempiere alle diffide in parola non mediante la posticipazione delle fatture, ma con la messa a disposizione di soluzioni compensative alternative. Gli Operatori hanno poi pubblicato sul proprio sito aziendale un elenco di proposte satisfattive tra cui i clienti potevano scegliere la tipologia di ristoro preferita. L’AGCOM, tuttavia, in diverse occasioni ha comunicato agli Operatori che le misure di compensazione alternative non fossero idonee a ottemperare alle proprie delibere. In particolare, l’AGCOM ha evidenziato che la restituzione dei giorni illegittimamente erosi agli utenti che non aderivano alle soluzioni compensative alternative non doveva presupporre una richiesta in tale senso da parte degli utenti ma doveva avvenire automaticamente. Tale posizione è stata confermata dal Consiglio di Stato (per ultimo, con la sentenza 879/2020), il quale, nei ricorsi presentati contro le delibere dell’AGCOM, ha riconosciuto che i rimborsi andavano effettuati in maniera automatica e non solo a chi ne fa richiesta.

Con le delibere in esame, l’AGCOM ha accertato l’inottemperanza alle precedenti delibere da parte degli Operatori. In particolare, l’AGCOM ha respinto la tesi degli Operatori secondo cui le delibere consentivano di adempiere l’obbligo di restituzione tramite rimborso alla clientela ovvero mediante misure di compensazione alternative. Secondo l’AGCM, la prestazione imposta era unica e consistente nella completa restituzione, entro il termine stabilito, dei giorni erosi per effetto della violazione della delibera n.121/17/CONS. L’AGCOM ha dunque concluso che gli Operatori non avevano posticipato la data di decorrenza delle fatture per un numero di giorni pari a quelli illegittimamente erosi, con la conseguenza che la maggior parte degli aventi diritto alla restituzione dei giorni erosi erano rimasti insoddisfatti.

Alla luce di quanto sopra, l’AGCOM ha irrogato le sanzioni seguenti: 3 milioni di euro per TIM, 2,5 milioni di euro per Vodafone, 2 milioni di euro per Wind Tre e 1,5 milioni di euro per Fastweb.

Si aggrava così la portata delle sanzioni subite dai principali operatori telefonici nel contesto della fatturazione a 28 giorni, dopo la sanzione di 228 milioni di euro inflitta dall’AGCM soltanto due mesi fa per un’intesa anticoncorrenziale con riguardo al c.d. repricing nel ripristino della fatturazione mensile (si veda la Newsletter del 3 febbraio 2020).

Luigi Eduardo Bisogno
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