Skip to main content

Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Aiuti di Stato e club calcistici professionistici – Il Tribunale di Primo Grado dell’UE annulla la decisione della Commissione Europea che accertava aiuti di Stato a favore di quattro club calcistici professionistici spagnoli

Il calcio spagnolo è vincente non perché supportato da aiuti di Stato. E’ questa la conclusione che ha raggiunto il Tribunale dell’Unione Europea in una recente pronuncia. La vicenda trae origine da una normativa spagnola, contenuta nella legge 10 del 1990 sullo sport, che aveva obbligato tutti i club sportivi professionistici spagnoli ad adottare la forma della società sportiva per azioni (SSPA), prevedendo un’eccezione in favore dei club i cui bilanci erano stati chiusi in attivo negli anni precedenti l’adozione della legge. Tale eccezione aveva trovato applicazione nei confronti del Futbol Club Barcelona (Club) e di altri tre club calcistici professionistici spagnoli che avevano continuato ad operare come enti senza scopo di lucro, con la conseguenza che a questi ultimi risultava applicabile, fino al 2016, un’aliquota d’imposta sui redditi inferiore a quella applicabile alle SSPA.

La Commissione europea (Commissione), con la sua decisione del 4 luglio 2016 (Decisione) aveva quindi dichiarato incompatibile con la normativa sugli aiuti di Stato quello che sosteneva essere un vero e proprio privilegio fiscale accordato ai quattro club calcistici professionistici, imponendo al Regno di Spagna il recupero delle relative somme non corrisposte dai club.

Il Club ha presentato ricorso avanti al Tribunale avverso la Decisione sostenendo di non aver tratto alcun vantaggio dall’applicazione della misura – a differenza di quanto sostenuto dalla Commissione – e contestando alla Commissione stessa di aver fondato le sue conclusioni su una mera comparazione formale delle aliquote previste rispettivamente dal regime fiscale degli enti senza scopo di lucro e da quello delle SSPA, senza tenere conto della portata delle deduzioni fiscali, significativamente inferiori per gli enti senza scopo di lucro rispetto a quelle previste in favore delle SSPA.

Il Tribunale, nell’accogliere il ricorso del Club con la sentenza del 26 febbraio 2019, ha chiarito, anzitutto, che quando la Commissione valuta una misura in grado di produrre sui suoi beneficiari molteplici conseguenze, essa è tenuta a considerarne l’effetto cumulativo; in particolare essa non può esimersi da un’analisi delle possibili conseguenze positive e negative derivanti da una data misura, ove l’esistenza di un vantaggio per i beneficiari non emerga in modo univoco. Pertanto, la Commissione non avrebbe potuto limitarsi a rilevare soltanto l’esistenza di un’aliquota inferiore prevista a beneficio degli enti senza scopo di lucro rispetto alle SSPA ma avrebbe dovuto considerare il regime fiscale applicabile a quegli enti nel suo complesso, tenendo anche conto della limitazione delle deduzioni fiscali previste per il reinvestimento dei profitti, particolarmente significative nel settore considerato alla luce della prassi dei trasferimenti dei giocatori.

Sulla base delle suddette dichiarazioni, il Tribunale ha rigettato gli argomenti della Commissione, tra cui quello con cui si eccepiva il carattere condizionale delle deduzioni fiscali, constatando che, nonostante il loro carattere condizionale, deve comunque tenersene conto ai fini della valutazione circa la sussistenza di un vantaggio derivante dall’applicazione della misura contestata. In particolare, ricordando come l’onere della prova del vantaggio gravi sulla Commissione, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione non avesse dimostrato che la limitazione delle deduzioni fiscali previste dal regime per gli enti senza scopo di lucro non fosse sufficiente a compensare il vantaggio derivante da una più bassa aliquota nominale d’imposta. Pertanto, in difetto della prova di un elemento essenziale della nozione di aiuto di Stato, quella della posizione di vantaggio in cui sarebbe venuto a trovarsi il beneficiario della misura contestata, il Tribunale ha annullato la Decisione della Commissione.

Roberta Laghi
----------------------------------------------------------------------

Impegni e settore della telefonia mobile – La Commissione contesta a Telefónica Deutschland la violazione degli impegni assunti per ottenere l’autorizzazione ad acquisire E-Plus nel 2014

Lo scorso 22 febbraio la Commissione europea (Commissione) ha reso noto di avere inviato una comunicazione degli addebiti (Comunicazione) a Telefónica Deutschland Holding AG (Telefònica), per  contestare la violazione degli impegni assunti nel 2014 per ottenere l’autorizzazione ad acquisire E-Plus Mobilfunk GmbH & Co. KG (E-Plus), concessa il 2 luglio 2014 , ed intesi ad assicurare che nuovi concorrenti sarebbero stati in grado di accedere al mercato delle telecomunicazioni.

Gli impegni di Telefónica qui asseritamente violati erano relativi a tre distinti profili, relativi a: (1) la vendita, prima del completamento dell’operazione, del 30% della network capacity dell’entità post-merger a un prezzo fisso a uno o più operatori di reti cellulari virtuali; (2) la dismissione di frequenze radio e di determinati asset; e, da ultimo, (3) la modifica degli accordi di vendita all’ingrosso con i partner di Telefónica e E-Plus, l’offerta di servizi su rete 4G a tutti gli operatori interessati ai “prezzi migliori secondo le condizioni di benchmarking” nonché l’impegno a migliorare le possibilità dei propri partner  di passare da un operatore di reti cellulari ad un altro. La Comunicazione ha per oggetto proprio quest’ultimo profilo, e più specificamente l’obbligazione di offrire all’ingrosso servizi su rete 4G a tutti gli operatori interessati: la Commissione ritiene che Telefónica abbia violato i propri obblighi escludendo dal benchmark alcuni accordi di vendita all’ingrosso preesistenti. Il risultato di tale condotta, secondo la Commissione, sarebbe di ridurre la capacità di operatori terzi di competere nel mercato tedesco per la comunicazione cellulare.

Degno di nota, e la ragione principale di questa breve sintesi – avendo a disposizione solo il comunicato stampa della Commissione -, appare il fatto che la Commissione non ha mai, prima d’ora, inviato una comunicazione degli addebiti per contestare la violazione di impegni offerti per ottenere l’approvazione di un’operazione di concentrazione.

Riccardo Fadiga
--------------------------------------------------------------------

Diritto della concorrenza Italia / Intese e settore dei servizi con elicottero – L’AGCM ha sanzionato per oltre € 67 milioni  8 società elicotteristiche per un cartello nei servizi di trasporto aereo e di antincendio boschivo

Lo scorso 13 febbraio, a termine di un lungo e complesso procedimento istruttorio avviato il 14 marzo 2017, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o l’Autorità) ha adottato una decisione con cui ha sanzionato – per un ammontare complessivo di € 67 milioni – 8 società attive nei settori dei servizi di trasporto aereo e di antincendio boschivo con elicottero, oltre che la relativa associazione di categoria (Associazione Elicotteristica Italiana,  AEI) per aver posto in essere due diverse intese restrittive in violazione dell’articolo 101 TFEU. In particolare, le suddette condotte anticoncorrenziali avrebbero avuto ad oggetto, rispettivamente, (i) la limitazione del reciproco confronto concorrenziale al fine di condizionare un numero elevato di procedure di gara bandite dalle diverse stazioni appaltanti regionali relative all’affidamento dei servizi di antincendio boschivo (AIB); e (ii) la fissazione ex ante, nell’ambito della summenzionata associazione di categoria, dei prezzi – distinti sulla base della tipologia di elicotteri impiegati – relativi allo svolgimento di attività di ‘lavoro aereo’ e di ‘trasporto personale’ (attività ricomprese nella più ampia definizione di ‘servizi con elicottero’) e di prestazione di servizi di elisoccorso (HEMS).

Secondo l’AGCM la prima delle suddette condotte concertative, relativa ad un numero elevato di gare aggiudicate tra il 2005 ed il 2018, si sarebbe sostanziata in un cartello che avrebbe avuto come obiettivo il condizionamento delle suddette gare pubbliche (bid rigging) attraverso una loro previa spartizione tra le società partecipanti  (anche mediante associazioni temporanee d’imprese). Attraverso la perpetrazione di questa condotta, secondo l’AGCM le società coinvolte hanno concordato e, successivamente, presentato alle stazioni appaltanti dei prezzi di partenza elevati procedendo quindi a ribassi di ridottissima entità (a tal proposito, l’Autorità sottolinea come il valore delle percentuali relative a tali ribassi sia risultato essere generalmente inferiore, o lievemente superiore, alla soglia dell’1%). Ad avviso dell’AGCM, in conclusione, tale pratica avrebbe operato secondo logiche ripartitorie, adottate al fine di assicurare alle società elicotteristiche interessate di mantenere intatte le rispettive quote di mercato nel settore in questione.

Per quanto concerne la seconda intesa sanzionata, l’AGCM ha stabilito che quest’ultima – iniziata nel 2001 e conclusasi nel mese di agosto 2017 – si sarebbe sostanziata in un accordo collusivo concluso tra le società appartenenti all’AEI volto a fissare i prezzi delle diverse tipologie di servizi aerei effettuati tramite elicottero. I prezzi concordati venivano annotati all’interno del corrispondente listino (il c.d. Prezziario), il quale veniva definito in occasione delle riunioni del consiglio direttivo dell’associazione che si svolgevano all’inizio di ciascun anno (normalmente tra i mesi di gennaio ed aprile) e, in seguito, inviato a tutti i membri iscritti. Il suddetto Prezziario indicava in maniera dettagliata i prezzi relativi ai singoli minuti di volo, differenziati sulla base della tipologia di elicottero utilizzato e dal tipo di impiego richiesto (ossia, se la domanda riguardava l’effettuazione di un servizio di ‘posizionamento’, oppure di ‘lavoro aereo’ o, infine, di ‘trasporto personale’). A tale riguardo, l’Autorità ha sottolineato che all’interno della definizione di questi ultimi rientrano non solo le attività di trasporto di materiali e di personale effettuate sulla base di una domanda presentata da un soggetto privato ma anche quelle derivanti da committenza pubblica (nella quale categoria rientrano i servizi pubblici AIB e HEMS). In relazione a ciò, l’Autorità ha sottolineato come il Prezziario sia stato utilizzato come punto di riferimento da alcune stazioni appaltanti e che, in ragione di ciò, il prezzo medio posto a base delle relative gare d’appalto sia risultato essere sovrastimato rispetto ai valori effettivi di mercato. Sulla base di tale assunto, quindi, l’AGCM ha ritenuto che tale Prezziario abbia de facto indirizzato non solo la domanda privata ma abbia influenzato anche le richieste avanzate dalle diverse stazioni appaltanti pubbliche e le variabili economiche relative alle gare d’assegnazione dei summenzionati servizi.

In relazione a quanto detto sopra, l’Autorità ha qualificato le intese descritte come gravi restrizioni per oggetto e sanzionato tutte le imprese coinvolte con una ammenda pari al massimo edittale del 10% del fatturato di ciascuna.

Luca Feltrin
--------------------------------------------------------------------

Legal News / Regolazione del settore aereo e condizioni di riprivatizzazione di società di trasporto aereo – La Corte di Giustizia ha stabilito che l’articolo 49 TFUE non osti a che, tra le condizioni di riprivatizzazione di una società di trasporto aereo, siano imposti all’acquirente sia degli oneri di servizio pubblico, sia il mantenimento della sede e della direzione effettiva nello Stato membro interessato

Lo scorso 27 febbraio la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CdG) ha pronunciato una sentenza a seguito della rimessione di una questione pregiudiziale sollevata dal Supremo Tribunal Administrativo (Corte amministrativa suprema, Portogallo) nell’ambito di una controversia tra, da un lato, l’Associação Peço a Palavra, un’associazione senza scopo di lucro di diritto portoghese, insieme a quattro persone fisiche di cittadinanza portoghese (congiuntamente, APP e a.) e, dall’altro, il governo portoghese (Governo), vertente sulla validità del decreto con cui quest’ultimo ha approvato il processo di riprivatizzazione di TAP – Transportes Aéreos Postugueses SA (TAP). Era previsto che il ritorno sul mercato di TAP avvenisse tramite la vendita di una quota c.d. “di riferimento” pari al 61% delle azioni della controllante di TAP, la società holding TAP – Transportes Aéreo Portugueses SGPS SA (TAP SGPS). Tra i termini e condizioni di vendita, erano previsti i seguenti obblighi per il potenziale acquirente: (1) l’obbligo di garantire che la sede e la direzione effettiva del gruppo TAP continuino a essere situate in Portogallo; e (2) l’obbligo di assicurare l’adempimento degli oneri di servizio pubblico di cui è gravata TAP “…per quanto concerne i collegamenti aerei tra i principali aeroporti nazionali e delle regioni autonome, ove necessario, nonché la continuità e il rafforzamento delle rotte che servano le regioni autonome, le comunità portoghesi stabilite all’estero e i paesi e comunità di espressione o lingua ufficiale portoghese…”.

Il giudice amministrativo portoghese ha dunque sollevato la questione pregiudiziale presso la CdG interrogandola sulla possibilità che tali obblighi, come sostenuto da APP e a., risultino in violazione dei principi della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei servizi.

La CdG ha risposto a tali domande, con riferimento al requisito di assicurare l’adempimento degli oneri di servizio pubblico di cui sopra, richiamando il principio secondo cui qualsiasi misura nazionale adottata in un ambito che ha costituito oggetto di un’armonizzazione “esauriente” deve essere valutata alla luce delle disposizioni di tale misura di armonizzazione, piuttosto che del diritto primario, indicando nel regolamento n.1008/2008 la misura rilevante nel caso di specie. Da tale regolamento risulta che uno Stato membro possa imporre oneri di servizio pubblico su determinate rotte aeree, e segnatamente su quelle che collegano un aeroporto situato nell’Unione e un aeroporto che serve una zona periferica situata sul suo territorio; e che, ricadendo il caso in discorso pienamente in tale fattispecie, per l’effetto, risulti superfluo valutare l’obbligo previsto dal governo portoghese alla luce del diritto primario, risultando tale Regolamento sufficiente a fondarne la liceità.

Diversamente, con riguardo all’obbligo di mantenimento della sede e della direzione effettiva in Portogallo, la CdG ha ritenuto fondata l’allegazione di APP e a. riguardante il carattere restrittivo della libertà di stabilimento. Tuttavia, ha notato la CdG, tale obbligo risulta “..teso ad assicurare la continuità e il rafforzamento delle rotte aeree della TAP che servono paesi terzi che intrattengono particolari legami storici, culturali e sociali con la Repubblica portoghese…”. Pertanto secondo la CdG tale obbligo è relativo ad un motivo imperativo di carattere generale, adatto, di conseguenza, a giustificare un ostacolo alla libertà di stabilimento ai sensi dell’articolo 49 TFUE. Ciò in particolare alla luce del fatto che gli accordi bilaterali tra la Repubblica portoghese e alcuni paesi terzi, tra i quali figurano proprio i paesi lusofoni i cui particolari legami storici, culturali e sociali con il Portogallo sono tutelati da tale disposizione,  subordinano in alcuni casi i diritti di traffico aereo concessi a TAP al mantenimento del principale centro di attività della TAP in Portogallo. Pertanto, secondo la CdG, l’obbligo previsto dal decreto del Governo portoghese costituisce una misura idonea a soddisfare il motivo imperativo di interesse generale di cui sopra, né risulta eccedere quanto necessario ed è pertanto legittimo.

Riccardo Fadiga