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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Cartelli e settore dei micro/chip – La Corte di Giustizia ha rinviato il giudizio dinanzi al Tribunale per un errore nella determinazione della sanzione a Infineon

La Corte di Giustizia (CdG) ha annullato in punto di determinazione dell’ammenda nei confronti di Infineon Technologies AG (Infineon o la Ricorrente) la sentenza del Tribunale di Primo Grado dell’UE (Tribunale) che aveva confermato la decisione della Commissione europea (Commissione) con la quale veniva accertata la sussistenza di un’intesa unica e continuata relativa ai prezzi delle chip per carte SIM e per altre tipologie di carte.

La controversia ha avuto inizio nel 2014, quando la Commissione aveva accertato che le società coinvolte, tra cui la ricorrente Infineon, avevano posto in essere un’intesa fondata su una serie di contatti bilaterali che avvenivano settimanalmente tra il 2003 e il 2004, volti a coordinare la politica dei prezzi dei micro-chip e a condividere valutazioni in merito all’evoluzione dei prezzi per i periodi successivi, con l’intenzione di fissarli di comune accordo. Nel sanzionare le società coinvolte, la Commissione aveva concesso ad Infineon una riduzione del 20% della sanzione, riconoscendole una circostanza attenuante poiché aveva partecipato in maniera limitata all’infrazione, avendo stretto accordi collusivi non con tutte, ma solo con altre due società. La Ricorrente aveva quindi proposto un ricorso dinanzi al Tribunale, chiedendo in via principale l’annullamento della decisione controversa avanzando motivi inerenti, tra gli altri, alla violazione dei diritti di difesa, e allo stesso chiedendo in subordine la riduzione dell’importo della sanzione inflittale. A seguito del rigetto del ricorso da parte del Tribunale, Infineon aveva insistito nell’impugnazione riproponendo i medesimi motivi in appello di fronte alla CdG.

Con la sentenza in commento quest’ultima ha ora respinto i motivi proposti in via principale, confermando la sussistenza dell’intesa e la ricostruzione operata dalla Commissione. Tuttavia, la CdG ha accolto il ricorso in punto di determinazione della sanzione, sulla base di un errore di diritto da parte del Tribunale. In particolare, la Commissione aveva accertato che la Ricorrente aveva preso parte a undici incontri a carattere collusivo, la cui rilevanza ovvero esistenza erano stati in parte contestati da Infineon. Nell’ambito dell’appello Infineon ha quindi contestato al Tribunale di essere incorso in un errore poiché, nel valutare l’adeguatezza e la proporzionalità della sanzione inflitta, si era limitato ad esaminare solamente cinque degli undici incontri di cui la Commissione aveva accertato l’esistenza. Il Tribunale, dunque, avrebbe violato il principio di proporzionalità, poiché l’importo così come rideterminato non rifletterebbe la realtà della partecipazione della ricorrente all’infrazione, avendo i giudici di primo grado esercitato un controllo solo su un numero limitato di contatti.

La CdG ha sottolineato come il Tribunale sia il solo competente a controllare, nel merito, il modo in cui la Commissione ha valutato la gravità dei comportamenti illeciti. Secondo il diritto comunitario infatti, il giudice di primo grado è tenuto a esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, volta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione. Poiché la Commissione ha accertato la partecipazione di Infineon sulla base degli undici incontri sopra menzionati, e poiché la Ricorrente ha contestato le valutazioni svolte in merito a ciascuno di questi incontri bilaterali, il Tribunale non poteva, senza violare la portata della sua competenza estesa al merito, omettere di rispondere all’argomento dedotto dalla ricorrente esaminando e prendendo posizione su ciascuno degli undici incontri oggetto di controversia. Per tali motivi, la CdG ha ritenuto che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto nei limiti in cui, nella sentenza impugnata, non ha esaminato la proporzionalità dell’importo dell’ammenda inflitta rispetto all’intero numero di contatti a carico della Ricorrente, senza indicare le ragioni per cui non ha svolto tale esame. Il Tribunale, infatti, non era giustificato a rinunciare all’esame dell’adeguatezza dell’importo rispetto a tutti i contatti addotti a carico della ricorrente, esame ritenuto necessario dalla CdG per svolgere una simile valutazione di proporzionalità.

Per i motivi esposti, dunque, la CdG ha ritenuto che la sentenza di primo grado fosse viziata da un errore di diritto per quanto riguarda l’esercizio da parte del Tribunale della sua competenza estesa al merito, annullando la sentenza in punto e rinviando la causa dinanzi al Tribunale affinché questo statuisca sulla domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta ad Infineon.

Leonardo Stiz
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Aiuti di Stato e settore televisivo - Il passaggio ad un regime “un’abitazione, un canone” non costituisce un mutamento sostanziale e quindi un nuovo aiuto

L’Avvocato Generale (AG) M. Campos Sánchez-Bordona, in data 26 settembre 2018, ha rassegnato le proprie conclusioni in una causa in materia di aiuti di Stato pendente dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CdG) ed avente ad oggetto la normativa disciplinante il canone televisivo nel Land tedesco del Baden-Württemberg.

Le controversie a quo, da cui è scaturito il rinvio in via pregiudiziale alla CdG, erano sorte a seguito del rifiuto di alcuni cittadini di pagare tutto o in parte il canone televisivo a seguito della modifica intervenuta nel 2013 nella relativa legislazione regionale, la quale aveva sollevato dubbi sulla compatibilità della stessa con l’art. 108 TFUE. In particolare, quale fatto generatore dell’obbligo di pagare il canone, il possesso di un apparecchio ricevente segnali emessi dalle emittenti radiotelevisive tedesche era stato sostituito dalla mera “detenzione”, a qualsiasi titolo, di un’abitazione nella quale abiti una persona maggiorenne. In altre parole, la nuova regola introdotta si fondava sull’equiparazione «un’abitazione, un canone».

Posto che il sistema previgente era stato esaminato e qualificato (nel 2007) come “aiuto esistente” dalla Commissione europea, la quale aveva chiesto ed ottenuto alcune modifiche rispetto a profili di cui aveva ravvisato l’incompatibilità con la normativa comunitaria, l’Avvocato Generale si è occupato, anzitutto e principalmente, della questione pregiudiziale rappresentata dalla necessità di verificare se la modifica normativa sopra segnalata costituisse o meno un nuovo aiuto. Nel primo caso, infatti, la novità legislativa in questione avrebbe dovuto essere notificata alla Commissione, costituendo in assenza di un’autorizzazione un aiuto di Stato illecito. Come è noto, ai sensi della normativa applicabile (art. 1, lettera c), del Regolamento n. 659/1999) si intende per modifica di un aiuto esistente qualsiasi cambiamento diverso dalle modifiche di carattere puramente formale e amministrativo che non possono alterare la valutazione della compatibilità della misura di aiuto con il mercato comune; in particolare, un aumento non superiore al 20% della dotazione originaria di un regime di aiuti non è considerato una modifica ad un aiuto esistente. Al riguardo, l’AG, sostanzialmente in linea con le posizioni espresse dall’operatore TV interessato, dal governo tedesco e dalla Commissione stessa, ha indicato che non può ravvisarsi nella fattispecie una “modifica sostanziale” dell’aiuto, ossia attinente ad elementi essenziali, di carattere soggettivo, oggettivo o temporale. In particolare, non sarebbero cambiati il settore interessato, i beneficiari del canone, l’importo del canone e, soprattutto, la fonte del finanziamento “…essendosi mantenuto il criterio della possibilità di ricevere programmi audiovisivi e non della loro effettiva fruizione […]. Il cambiamento del fatto generatore risponderebbe alla necessità di far fronte alla crescente morosità e di alleggerire l’onere della prova nei numerosi procedimenti per mancato pagamento..”, quindi di semplificare la gestione della riscossione del canone, risultando peraltro più in linea con il progresso tecnologico (data la proliferazione di apparecchi che teoricamente, per ciascun individuo, avrebbero potuto determinare una pluralità di pagamenti). L’AG ha altresì chiarito che “…né l’aumento del numero dei soggetti passivi né il (presunto) aumento del gettito finale in tal modo ottenuto sono rilevanti per giudicare la novità della misura [….]. Indipendentemente dall’importo di tale gettito, la porzione dello stesso destinata alle emittenti pubbliche (ossia la parte che può essere effettivamente qualificata come aiuto di Stato) è quella stabilita…” dalle amministrazioni competenti.

In modo più sintetico (e, onestamente, meno chiaro) l’AG ha altresì ritenuto eccessivamente ambigua la questione se il canone, come delineato dalla legge del Land, sia incompatibile con gli articoli 107 TFUE e 108 TFUE, per il motivo che il suo gettito è utilizzato per facilitare il transito dal sistema di trasmissione digitale dei segnali DVB-T a uno più avanzato (DVB-T2), dal quale sarebbero escluse le emittenti di altri Stati membri. Ad avviso dell’AG spetta comunque alla KEF (la Commissione istituita per l’accertamento e la determinazione dei fabbisogni finanziari delle emittenti pubbliche) “…procedere all’analisi dei costi e degli investimenti (compresi quelli connessi ai miglioramenti tecnologici […] al fine di individuare tra essi quelli giustificati dall’adempimento delle funzioni di servizio pubblico affidate ai soggetti sottoposti al suo controllo”.

L’AG ha inoltre ritenuto legittimo il riconoscimento a favore della TV pubblica (in modo “privilegiato” rispetto alle emittenti private) il potere di usare un meccanismo amministrativo di riscossione del canone (in luogo degli strumenti ordinari di esecuzione forzata in caso di mancato pagamento di debiti). Ciò in quanto, in ultima analisi, finalizzato e strumentale alla raccolta di somme di denaro cui è riconosciuta una “…natura analoga a quella di una imposta…”, essendo peraltro tale potere già stato valutato favorevolmente dalla Commissione nella citata precedente decisione del 2007.

E’ attesa ora, anche alla luce delle raccomandazioni espresse dall’AG attraverso queste conclusioni, la pronuncia della CdG sui quesiti pregiudiziali.

Alessandro Di Giò
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Diritto della concorrenza Italia / Abusi e settore dei servizi di ticketing – L’AGCM apre un’istruttoria nei confronti di TicketOne per un asserito abuso di posizione dominante nella vendita di biglietti per concerti di musica dal vivo

Con la decisione pubblicata il 26 settembre scorso, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un procedimento istruttorio nei confronti di TicketOne S.p.A. (Ticketone) e della sua controllante CTS Eventim AG & Co. KGaA (CTS Eventim) per un asserito abuso di posizione dominante nell’ambito del mercato dei servizi di ticketing per eventi di musica live (in particolare rock e pop).

Come noto, TicketOne è la società leader in Italia nei servizi di biglietteria, marketing, informazione e commercio elettronico per eventi di musica, spettacolo e sport. In particolare, il mercato oggetto del procedimento in questione è quello dei servizi di ticketing, ossia i servizi di pre-vendita per conto terzi presso il consumatore finale di titoli di accesso ad eventi aperti al pubblico (nel caso in esame eventi di musica live). Quest’ultimi sono organizzati dai promoter, che si occupano anche degli aspetti operativi, nonché dell’emissione dei titoli di accesso (biglietti). Per gli eventi in questione, i promoter commercializzano i biglietti presso gli spettatori mediante due distinte modalità distributive (che possono essere utilizzate cumulativamente): la distribuzione diretta (attraverso la rete distributiva dei promoter stessi, tra cui il botteghino, i siti internet e i call center); e la distribuzione tramite terzi (attraverso la rete distributiva dei gestori delle piattaforme di ticketing).

Gli operatori dei servizi di ticketing vengono remunerati tramite il c.d. aggio (una commissione corrisposta dai promoter a titolo di corrispettivo per il servizio offerto) e le commissioni di servizio (pagati dallo spettatore al momento dell’acquisto del biglietto in pre-vendita).

Le condotte asseritamene abusive di TicketOne si pongono in un contesto di mercato in cui le c.d. intese Panischi (le Intese Panischi) stavano venendo a scadenza. Tali intese verticali, stipulate tra TicketOne, gli ex soci della società Panischi e alcuni promoter, erano state notificate nel 2001 all’AGCM, la quale aveva deciso di non avviare alcuna istruttoria. Tali intese riconoscevano, per 15 anni, a TicketOne il diritto di distribuire in via esclusiva mediante il canale online una quota percentuale di biglietti degli eventi organizzati dai promoter. In ogni caso, la distribuzione online, anche per la quota non riservata, era attribuita a TicketOne. Era previsto altresì un patto di non concorrenza reciproco tra promoter e TicketOne.

Come riconosciuto dall’AGCM, durante tale periodo TicketOne “…ha goduto di una protezione assoluta per la pre-vendita dei biglietti sul canale online con riguardo ai titoli di accesso di numerosi organizzatori di eventi, che costituiscono i principali promoter…”. Alla scadenza di tali intese, la piattaforma di ticketing gestita da TicketOne risultava quindi essere “…di gran lunga la piattaforma leader in Italia…” con quote di mercato attualmente tra il 70-80%. Inoltre, l’AGCM rileva come il gruppo CTS Eventim ha altresì acquisito numerosi e qualificati promoter operanti nell’organizzazione degli eventi di musica live. Per tale motivo, “…i promoter di eventi di musica live legati a TicketOne (contrattualmente o strutturalmente) costituiscono, infatti, la quasi totalità degli operatori attivi…”.

Secondo l’AGCM, la posizione di preminenza di TicketOne nel mercato rilevante si basava inoltre su elementi quali l’elevato livello di integrazione verticale (in quanto TicketOne appartiene a un gruppo societario di cui fanno parte i più importanti promoter attivi in Italia), la notorietà del marchio, l’ampia base di utenti fidelizzati alla piattaforma di ticketing (in particolare con riguardo al canale online, acquisiti soprattutto nel periodo di sostanziale esclusiva di cui ha goduto negli ultimi 15 anni), gli effetti di rete indiretti ascrivibili al vasto assortimento di eventi proposti, nonché la scarsa mobilità degli artisti che intrattengono con i promoter relazioni di lunghissima durata.

Con riguardo alla condotta di TicketOne, dal 2013 al 2016, in costanza delle Intese Panischi, TicketOne stipulava contratti con ulteriori promoter italiani (non facenti parti delle intese), in forze dei quali ha acquisito il diritto di distribuire in via esclusiva una quota rilevante dei biglietti emessi da tali organizzatori e avrebbe ottenuto una protezione di fatto assoluta sul canale online. Inoltre, Ticketone ha stipulato ulteriori contratti di esclusiva con promoter, già vincolati da tali intese, per estendere l’esclusiva oltre alla data di scadenza delle intese per un periodo superiore ai 2 anni.

I contratti con i promoter di cui sopra conterebbero specifiche clausole in forza delle quali viene accordato a TicketOne il diritto di distribuire in esclusiva la totalità o una quota molto rilevante dei titoli di accesso emessi dai promoter, sia online, sia offline. Inoltre, ai promoter verrebbe preclusa la possibilità di avvalersi anche di altre piattaforme di ticketing concorrenti per la pre-vendita online.

Secondo l’AGCM, anche alla luce del contesto di mercato di cui sopra, la condotta in esame potrebbe configurare un abuso di posizione dominante nel mercato italiano dei servizi di ticketing per eventi di musica live, in violazione dell’art. 102 TFUE, “…finalizzato a escludere, o quantomeno a marginalizzare, operatori già attivi in tale mercato o potenzialmente interessati a entrarvi, rendendo non contendibile una quota molto rilevante dell’input…”. Inoltre, secondo l’AGCM, tali condotte sarebbero suscettibili di arrecare un pregiudizio economico ai consumatori finali “…nella misura in cui all’effetto di preclusione nel mercato rilevante potrebbe conseguire un aumento o una mancata riduzione dei prezzi finali dei biglietti per eventi di musica live, oltre ad una minore ampiezza delle possibilità di scelta tra i diversi fornitori dei servizi di ticketing…”. Infatti, ostacolando la presenza sul mercato di operatori concorrenti, TicketOne eserciterebbe il proprio potere di mercato, praticando ai consumatori prezzi per le commissioni di servizio per la pre-vendita dei biglietti, nonché per i servizi accessori, superiori a quelli concorrenziali.

Salvo proroghe, il procedimento dovrà concludersi entro il 31 dicembre 2019.

Jacopo Pelucchi
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Abuso di potere negoziale e settore della distribuzione organizzata – L’AGCM avvia sei istruttorie nei confronti delle principali catene della GDO per un presunto abuso di potere negoziale ai danni dei propri fornitori di pane fresco

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) è tornata ad occuparsi delle relazioni commerciali tra operatori attivi nella filiera agro-alimentare. Con il comunicato stampa pubblicato lo scorso 27 settembre, l’AGCM ha infatti reso noto di aver aperto sei istruttorie nei confronti dei principali operatori nazionali nel settore della c.d. “Grande Distribuzione Organizzata” (GDO), quali Coop Italia, Conad, Esselunga, Eurospin, Auchan e Carrefour per una presunta violazione dell’art. 62 del D.L. 1/2012 (c.d. Decreto liberalizzazioni, Decreto) ai danni delle imprese di panificazione.

Più nello specifico, l’AGCM ha contestato agli operatori della GDO la pratica consistente nell’imposizione, ai propri fornitori di pane fresco, dell’obbligo di ritirare e smaltire a proprie spese l’intero quantitativo di prodotto invenduto a fine giornata. La differenza di valore tra pane consegnato e quello reso rispettivamente ad inizio e a fine giornata viene poi riaccreditata sugli acquisti successivi.

L’AGCM ha ravvisato in tale pratica un presunto abuso di potere negoziale posto in essere dagli operatori della GDO ai danni dei suddetti fornitori, ipotizzando una possibile violazione dell’art. 62 del Decreto. Come è noto, tale disposizione vieta al contraente più forte, in presenza di uno squilibrio di potere commerciale tra le parti che hanno un rapporto di fornitura di prodotti agroalimentari, di imporre alla controparte negoziale condizioni non eque.

Tale pratica, che secondo l’AGCM “…si inquadra in una situazione di significativo squilibrio contrattuale tra le catene della GDO e le imprese di panificazione (imprese artigiane con pochi dipendenti)…”, costringerebbe pertanto queste ultime non solo a farsi carico del ritiro della merce invenduta ma anche a provvedere a proprie spese al suo smaltimento come “rifiuto” alimentare, posto che la normativa vigente vieterebbe qualsiasi riutilizzo del pane invenduto a fini commerciali. Ciò, secondo l’AGCM avrebbe “…ampie e negative ripercussioni [anche] sotto il profilo economico e ambientale…”.

Non sono invero molti i casi in cui l’AGCM ha fatto applicazione dell’art. 62 del Decreto. Al riguardo, è possibile citare le decisioni, entrambe assunte dall’AGCM nel 2015, nei confronti di Coop Italia-Centrale Adriatica, sanzionata per una serie di abusi di potere negoziale posti in essere nei confronti di un proprio fornitore di pere (commentata in questa Newsletter), e di Eurospin. In tale ultimo caso, l’AGCM ha escluso la sussistenza di una violazione dell’art. 62 del Decreto con riferimento alla pratica consistente nella previsione da parte di Eurospin di due oneri economici per servizi amministrativi a carico dei propri fornitori di prodotto agro-alimentari, sul presupposto che tali contributi fossero stati concordati tra le parti e non imposti unilateralmente dal distributore, né da questo applicati retroattivamente rispetto alle condizioni pattuite.

Con l’avvio delle istruttorie in esame l’AGCM auspicabilmente fornirà ulteriori criteri pratici per la valutazione e applicazione delle disposizioni in materia di abuso di potere negoziale nella filiera agro-alimentare.

Martina Bischetti