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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza UE / Concentrazioni e c.d. “Gun Jumping”  – Sanzione record di quasi 125 milioni ad Altice per aver realizzato l’operazione di acquisto di PT Portugal senza attendere l’approvazione della Commissione

La Commissione Europea (Commissione) è tornata a pronunciarsi sull’importanza per le imprese di conformarsi alle regole procedurali previste in materia di controllo delle operazioni di concentrazione. Lo ha fatto comminando una sanzione record, di quasi 125 milioni di euro, all’operatore della telecomunicazione olandese Altice, che, secondo la Commissione, ha violato il divieto di dare attuazione una operazione concentrazione prima dell’ottenimento della relativa approvazione da parte dell’autorità antitrust comunitaria (c.d. gun jumping).

Confermando le accuse mosse nella propria lettera di addebiti inviata ad Altice nel maggio 2017 (e commentata in questa Newsletter), la Commissione ha concluso che, nell’ambito dell’operazione che ha portato all’acquisto dell’operatore portoghese PT Portugal, Altice avrebbe posto in essere delle iniziative equiparabili all’esercizio di una “influenza decisiva” sulle operazioni commerciali di PT Portugual, ben prima che detta operazione fosse stata approvata dalla Commissione e, in alcuni casi, prima ancora la stessa fosse stata notificata all’autorità europea.

In attesa della pubblicazione della decisione completa (che avverrà solo una volta risolte le esigenze di confidenzialità delle parti), nel comunicato stampa dello scorso 24 aprile la Commissione ha comunque fornito alcune preliminari indicazioni delle ragioni che l’hanno portata a concludere che si fosse in presenza della realizzazione prematura dell’operazione da parte di Altice. In particolare, la Commissione ha dato risalto a:

(i)     talune previsioni contenute nel contratto di acquisto, le quali avrebbero conferito ad Altice il diritto di esercitare una “influenza decisiva” su PT Portugual, ad esempio garantendo ad Altice un potenziale potere di veto sull’ordinaria attività di gestione e commerciale dell’impresa;

(ii)     l’effettivo esercizio di tale “influenza decisiva” da parte di Altice, la quale avrebbe ad esempio dato a PT Portugal istruzioni in merito alla realizzazione di una campagna di marketing e richiesto (e ricevuto) informazioni commercialmente sensibili relative a PT Portugal. Quest’ultima condotta, in particolare, è avvenuta in assenza di garanzie procedurali e presidi contrattuali atti a mantenere la confidenzialità delle stesse, come ad esempio la costituzione di un clean team (ossia, una c.d. “squadra pulita”, composta dai consulenti e manager delle società partecipanti all’operazione appositamente selezionati, assoggettati a stretti vincoli di confidenzialità e a vere e proprie “quarantene”), che viene di regola predisposto al fine di evitare che le imprese si scambino informazioni sensibili in una fase in cui l’operazione di concentrazione non si è ancora realizzata.

La Commissione ha ritenuto che Altice ha commesso una grave violazione delle disposizioni che la normativa antitrust pone a presidio del funzionamento del meccanismo di controllo delle operazioni di concentrazione, avendo violato sia l’obbligo di notifica preventiva dell’operazione alla Commissione, sia quello di c.d. standstill (ossia, di sospensiva) in attesa dell’approvazione antitrust. La Commissione ha quindi deciso di imporre ad Altice una sanzione del notevole importo di quasi 125 milioni di euro: somma che, ad oggi, rappresenta la più alta sanzione mai irrogata per un caso di gun jumping. Peraltro Altice era stata già sanzionata dall’autorità della concorrenza francese, sempre per una violazione delle regole di gun jumping relativa all’operazione di acquisto di SFR e del gruppo Omer Telecome Limited (commentata in questa Newsletter).

La Commissione ha altresì ricordato, quale monito per le imprese, i numerosi casi che di recente questa ha avviato (e, in taluni casi, già concluso con l’irrogazione di sanzioni multimilionarie) per verificare la possibile violazione degli obblighi procedurali relativi al controllo delle concentrazioni: dalla maxi-sanzione di 110 milioni di euro comminata a Facebook per aver fornito informazioni non veritiere e fuorvianti nel corso del procedimento che ha portato all’approvazione dell’acquisto di Whatsapp (si veda la Newsletter del 22 maggio 2017), ai procedimenti ancora in corso nei confronti di General Electric e Merc and Sigma-Aldrich (anche questi avviati dalla Commissione per presunte informazioni non veritiere fornite da tali imprese) e di Canon (per aver realizzato l’operazione di acquisto di Toshiba Medical Systems Corporation prima della notifica e successiva approvazione dalla Commissione).

La sanzione irrogata ad Altice rappresenta un chiaro segnale alle imprese ed ai loro consulenti circa l’atteggiamento sempre più rigido che la Commissione sta assumendo rispetto alle violazioni delle regole procedurali in materia di concentrazione.

Martina Bischetti
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Diritto della concorrenza Italia / Intese restrittive della concorrenza e bid rigging – Il Tar Lazio annulla il provvedimento dell’AGCM che sanzionava alcune imprese per tre intese anticoncorrenziali poste in essere nell’ambito di diverse gare per la fornitura dei servizi di ossigenoterapia e/o ventiloterapia domiciliare

Con il provvedimento relativo al procedimento n°I792, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) aveva accertato la sussistenza di tre diverse intese in occasione di tre gare indette per la fornitura di servizi di ossigenoterapia e/o ventiloterapia domiciliare. Secondo le conclusioni dell’AGCM le società coinvolte avevano agito per mantenere artificiosamente alto il prezzo della fornitura e per garantire l’equilibrio delle rispettive quote di mercato. Il Tar Lazio (Il Tar) ha ora accolto il ricorso delle società, annullando il provvedimento.
 
Con riferimento alle gare indette dalla ASL Milano 1 tra il 2012 e il 2014, secondo l’AGCM le imprese coinvolte avevano concordato di non partecipare alle prime tre gare per i lotti in oggetto, presentando poi un’identica offerta nel corso della quarta gara, corrispondente alla base d’asta, rispetto alla quale nessuna società aveva effettuato un rilancio competitivo. L’AGCM aveva ritenuto non economicamente razionale la mancata partecipazione alle prime tre gare, escludendo che fosse frutto di autonoma determinazione, poiché, tra le varie motivazioni, le gare riproducevano i prezzi già vigenti e poiché alcune società parti della presunta intesa avevano presentato offerte, ai medesimi prezzi, in occasione di ulteriori gare indette da altre ASL lombarde nello stesso periodo.

Oltre al parallelismo dei comportamenti, l’AGCM aveva basato la decisione su alcune evidenze documentali, che, nella sua ricostruzione, avrebbero dimostrato un’avvenuta serie di contatti tra le società finalizzati alla determinazione della condotta. Tra questi,  in particolare, uno scambio di email volte a concordare il contenuto delle lettere inviate singolarmente alla stazione appaltante da parte delle società, con le quali queste ultime avevano mandato deserte le prime tre gare, inducendo così l’ASL ad aumentare la base d’asta per la quarta. Inoltre, l’AGCM aveva altresì ritenuto che lo scambio avrebbe permesso alle parti di monitorare il comportamento dei concorrenti con riferimento a questa quarta gara, dove tutte avevano presentato offerte pari alla base d’asta.

In sede di impugnativa, le società hanno criticato in generale l’analisi dell’AGCM circa la profittabilità delle prime gare, sostenendo come tale analisi fosse inaccurata e sommaria. In particolare, nel confrontare i prezzi offerti durante le gare indette dalle altre ASL lombarde, l’AGCM avrebbe omesso di valutare le condizioni complessive dei bandi, procedendo alla mera comparazione soltanto dei prezzi. Inoltre, con riguardo alla riproduzione dei prezzi già vigenti negli anni precedenti, l’AGCM si sarebbe basata sulla mera affermazione della stazione appaltante, omettendo di considerare che allora i lotti messi in gara non erano accorpati allo stesso modo rispetto al caso presente. Con riguardo poi all’aumento dei prezzi nella quarta gara rispetto alle prime, le ricorrenti hanno osservato prima di tutto come questo non sia avvenuto in tutti i lotti. Inoltre, l’AGCM avrebbe ignorato di considerare che in tale passaggio alcuni lotti sono stati accorpati, con conseguente incisione sul prezzo.

Con riguardo alle prove documentali circa i contatti avvenuti tra le società coinvolte, queste ultime hanno sottolineato come i documenti in oggetto non siano idonei a sostenere l’impianto accusatorio e come l’AGCM li abbia valutati in modo errato. In particolare, lo scambio di mail circa il contenuto delle lettere non conterrebbe alcuna prova della concertazione. Le ricorrenti infatti hanno evidenziato come le lettere abbiano un contenuto riepilogativo degli esiti di un tavolo tecnico promosso dalla stazione appaltante con le parti, e che quindi sia irrilevante l’utilizzo da parte di queste della bozza della lettera scambiata per email. Quanto poi agli altri documenti citati nel provvedimento, questi in realtà sono tutti riconducibili a iniziative unilaterali, sia con riguardo ad attività di monitoraggio, sia all’espressione, nelle sedi istituzionali, delle considerazioni delle singole imprese.

Il Tar ha quindi accolto le osservazioni delle società ricorrenti, affermando che l’AGCM ha basato il suo provvedimento su affermazioni generiche e apodittiche, senza peraltro prove documentali dirette. Secondo il collegio, l’AGCM ha fatto largo ricorso alla presunzione in assenza della gravità degli indizi, con la conseguenza che la ricostruzione fattuale e logica alla base della decisione impugnata non è l’unica plausibile, e non supera le spiegazioni alternative avanzate dalle imprese. Il provvedimento dunque è stato annullato.

Leonardo Stiz
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Legal news / Regolamentazione e piattaforme online – La Commissione UE pubblica una proposta di regolamento per promuovere trasparenza e correttezza dell’operato delle piattaforme online

La proposta di regolamento pubblicata lo scorso 26 aprile (Regolamento) rappresenta l’ultimo tassello dell’impegno assunto dalla Commissione UE (Commissione) nel quadro della revisione della strategia per il mercato unico digitale volta ad affrontare i rapporti tra piattaforme e imprese mediante il ricorso a criteri che garantiscano la correttezza e la trasparenza della loro gestione. L'obiettivo delle nuove norme è creare un contesto trasparente e prevedibile per gli operatori commerciali che utilizzano piattaforme online.

Pochissimi sembrano essere gli “esclusi” dal campo di applicazione del Regolamento: riguarda infatti gli intermediari di piattaforme online e i motori di ricerca che forniscono servizi alle imprese stabilite nell'UE e che offrono beni o servizi a consumatori ubicati nell'UE, includendo piattaforme per e-commerce (come Amazon Marketplace, eBay, Marketplace Fnac ecc.), “negozi” di app (ad es. Google Play, Apple App Store, Microsoft Store), social media (Facebook, Instagram utilizzato da produttori e artisti ecc.) le piattafrme di confronto dei prezzi (come Skyscanner, Google Shopping ecc.) ed i motori di ricerca online che facilitano le ricerche sul web e forniscono collegamenti corrispondenti alla richiesta di ricerca (come Google, Yahoo!, Bing, ecc.). Mentre gli intermediari di piattaforma online vi rientrano per avere un rapporto contrattuale con le imprese che negoziano attraverso di loro con i consumatori che le utilizzano, i motori di ricerca online vi rientrano indipendentemente dal fatto che abbiano un rapporto contrattuale. Sono esclusi solo i servizi di pubblicità e di pagamento online che non fanno da intermediari tra imprese e consumatori ed intermediari che operano solo tra imprese.

In particolare, le norme previste dal Regolamento si concentrano intorno a quattro aree principali:

(i)     aumento della trasparenza di termini e condizioni: i prestatori di servizi di intermediazione online dovranno garantire che le condizioni applicate agli utenti siano facilmente comprensibili e disponibili. Dovranno essere stabiliti in anticipo i motivi per cui un utente può essere eliminato o sospeso da una piattaforma ed i prestatori dei servizi dovranno rispettare un ragionevole periodo di preavviso minimo per attuare modifiche alle proprie condizioni. Le piattaforme dovranno informare le aziende sui motivi di un eventuale delisting e della rimozione di prodotti e servizi dai risultati di ricerca.

(ii)     Ranking e trattamento differenziato - i servizi di intermediazione online ed i motori di ricerca dovranno includere nei propri termini e condizioni i criteri generali che determinano l’ordine in cui i beni e i servizi sono classificati nei risultati di ricerca ed una descrizione di quelli principali. Si dovrà fare chiarezza sui criteri e gli algoritmi utilizzati per visualizzare i risultati, i prezzi di questi servizi, la differenza di pubblicità tra i servizi ‘interni’ offerti dalla piattaforma e quelli di aziende esterne, l’eventuale presenza di remunerazioni dirette ovvero indirette che possono influenzare il ranking ovvero un diverso trattamento tra prodotti. Le piattaforme dovranno inoltre fornire maggiori informazioni sui post a pagamento pubblicati, sulle eventuali commissioni e sui servizi che sono offerti dalle piattaforme medesime, in modo che siano chiaramente riconoscibili.

(iii)     Accessibilità dei dati - i prestatori di servizi dovranno formulare e includere nei propri termini e condizioni politiche generali riguardanti a) i dati generati dai loro servizi cui è possibile accedere, chi può accedervi e a quali condizioni; b) il trattamento da essi riservato ai propri beni e servizi rispetto a quelli offerti dai loro utenti professionali e c) il modo in cui utilizzano le clausole contrattuali per richiedere il prezzo più conveniente dei prodotti e dei servizi offerti (c.d. clausole della nazione più favorita, MFN).

(iv)     Maggiore efficacia nella risoluzione delle controversie - si chiede ai prestatori di servizi di intermediazione online di istituire un sistema interno di trattamento dei reclami, elencando nei loro termini e condizioni i nominativi dei mediatori indipendenti e qualificati con cui intendono cooperare per la risoluzione delle controversie. Alle associazioni che rappresentano le imprese sarà riconosciuto il diritto di agire in giudizio per conto delle imprese per ottenere l'applicazione delle nuove norme.

Essendo una proposta di un regolamento, una volta in vigore esso sarà direttamente applicabile ed impedirà agli Stati membri di stabilire norme aggiuntive per gli aspetti già espressamente regolamentati. Non resterà che vedere adesso quale sarà la prima reazione delle imprese alla proposta della Commissione e come esse inizieranno a delineare il percorso che le porterà a conformarsi a quanto richiesto dalla Commissione in termini di sempre maggiore trasparenza e richiesta di fairness dei meccanismi di funzionamento delle piattaforme online.

Cecilia Carli